Case della Comunità: cosa sono e cosa cambia per il cittadino
Le Case della Comunità sono il cuore della riforma dell’assistenza sanitaria territoriale avviata con i fondi del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ma cosa sono davvero? In questo articolo ne approfondiamo le principali funzioni, i servizi previsti, chi le gestirà e quale ruolo rivestiranno in rapporto con gli altri servizi sanitari di base, come il medico di famiglia, la guardia medica o le strutture ospedaliere.

In questo articolo
- Cosa sono le Case della Comunità
- A cosa servono e cosa offrono
- Differenze tra Casa della Comunità e Ospedale di Comunità
- Chi gestisce le Case della Comunità
- Come si accederà ai servizi delle Case della Comunità
- Il Ruolo delle Case di Comunità nel PNRR
- Case di Comunità in Lombardia
- Altroconsumo ti aiuta con le liste d'attesa
Come ci si curerà in Italia nei prossimi anni? Come cambierà la nostra assistenza sanitaria primaria, ovvero quella territoriale che oggi riceviamo dal medico di base, dai pediatri di famiglia, dalla guardia medica e dagli altri servizi delle Asl? La risposta la possiamo trovare nelle pieghe del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, e in particolare proprio nei forti investimenti destinati alla Sanità che cambieranno in parte il volto del nostro Servizio sanitario nazionale.
Le Case della Comunità sono una delle novità più importanti di questa riforma. Entro la metà del 2026, infatti, l’Italia dovrà attivarne circa un migliaio su tutto il territorio nazionale, costruendo o riconvertendo edifici esistenti, dotandole di personale e strumentazione utile a fornire i servizi sanitari previsti. Ma cosa sono esattamente le Case della Comunità? Quali funzioni svolgono? Quali servizi offriranno ai cittadini? In quale rapporto stanno con gli ambulatori dei medici di base o gli ospedali? Da chi si andrà per ricevere l’assistenza sanitaria di base? Come si accederà alle Case della Comunità? A che punto è il loro sviluppo?
In questo articolo rispondiamo a queste domande, con un focus particolare sulla Lombardia, regione in cui presidi sanitari di questo tipo non erano stati sperimenti o attivati in passato, a differenza di altre Regioni, ma che entro la metà del prossimo anno dovrà aprirne poco meno di duecento.
Torna all'inizioCosa sono le Case della Comunità
Le Case della Comunità sono un nuovo presidio del Servizio sanitario Nazionale. Si tratta di strutture sanitarie non ancora presenti in tutte le Regioni, ma che dovranno essere attive e funzionanti su tutto il territorio italiano entro la metà del 2026, secondo quanto previsto dal PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Una parte sostanziale dei finanziamenti ottenuti nell’ambito del PNRR è infatti volta alla costituzione di poco più di un migliaio di questi presidi, riconvertendo perlopiù edifici e strutture sanitarie esistenti (ad esempio, i locali di Asl o di strutture ospedaliere), oppure costruendone di nuove. L’obiettivo dichiarato è quello di rafforzare l’assistenza sanitaria di prossimità, quella che oggi è incarnata dagli ambulatori dei medici di base e dei pediatri, e dai medici della continuità assistenziale (cioè le guardie mediche, attive quando gli ambulatori di medici e pediatri sono chiusi), le cui debolezze sono emerse con forza durante la pandemia di Covid.
Il PNRR ha inizialmente previsto l’attivazione di 1350 Case della Comunità sul territorio, indicativamente 1 ogni 40-50.000 abitanti, entro la prima metà del 2026. L’Italia ha però ottenuto dalla Commissione Europea la possibilità di rimodulare questo obiettivo per compensare l’aumento dei costi incorso negli ultimi anni, target ora fissato ad un minimo di 1038 Case della Comunità, individuate perlopiù in edifici già esistenti da riconvertire o ristrutturare. L’obiettivo è però di raggiungere il target inziale e anche di superarlo, arrivando a più di 1.700 Case della Comunità da realizzare grazie a fondi addizionali per l’edilizia sanitaria.
Torna all'inizioA cosa servono e cosa offrono
Le Case della Comunità saranno strutture sanitarie nuove, soprattutto da un punto di vista funzionale e non necessariamente dal punto di vista della collocazione e dei locali, in quanto in buona parte dei casi si sovrapporranno agli attuali poliambulatori delle Asl.
Per come sono state pensate, rivestiranno un ruolo intermedio tra gli ambulatori dei medici e dei pediatri di famiglia e l’ospedale, con un obiettivo duplice:
- offrire ai cittadini un’assistenza di base complementare a quella che già ricevono dai propri medici e pediatri, assicurando così una vera continuità dell’assistenza quando gli ambulatori di questi ultimi non sono aperti, anche in orari diurni;
- ridurre il ricorso improprio al Pronto Soccorso per problemi di salute non realmente urgenti, con l’obiettivo dichiarato di ridurne il sovraffollamento.
Non solo: le Case della Comunità saranno il punto unico di accesso per attività di prevenzione, cura e riabilitazione, soprattutto per i cittadini fragili per malattia o condizione sociale o affetti da malattie croniche, diventando così il centro in cui si organizzano tutti i servizi che già ora le Asl garantiscono.
Quali servizi saranno offerti
Secondo quanto previsto dal PNRR e dal Decreto 23 maggio 2022, n. 77 del Ministero della Salute che fissa gli standard per lo sviluppo dell’assistenza sanitaria territoriale, la Casa della Comunità sarà un punto di riferimento per questi servizi.
- Assistenza medica - come quella fornita dal medico di base o dal pediatra di libera scelta – 7 giorni su 7, h24. Ciò significa che se un cittadino avrà bisogno di assistenza medica di base e lo studio del proprio medico sarà chiuso, nella Casa della salute potrà trovare sempre assistenza, anche in giorni e orari in cui di norma non è attiva la Guardia medica. Sono però ancora da definire quali servizi nella pratica dovranno essere garantiti e come si integreranno con gli ambulatori dei medici di base e dei pediatri (che non spariranno affatto, ma che in alcuni casi potranno essere addirittura ospitati all’interno dei locali delle Case della Comunità). La grande maggioranza della case della comunità (definite “Hub”) fornirà questo servizio di assistenza primaria tutti i giorni della settimana e a tutte le ore, mentre una minoranza, definite “spoke”, offriranno questo servizio solo dal lunedì al sabato, nell’arco delle 12 ore diurne.
- Assistenza infermieristica 7 giorni su 7, h12. Anche in questo caso, l’accesso al servizio nella pratica va ancora dettagliato, ma l’accesso avverrà perlopiù su richiesta diretta dei medici e pediatri di base, quantomeno nell’orario di servizio. A differenza delle case “hub” che forniranno questo servizio tutti i giorni a tutte le ore, le case “spoke” non daranno il servizio alla domenica.
- Il servizio di assistenza domiciliare, che nella Casa della Comunità trova il suo punto di riferimento organizzativo sia per la popolazione, sia per i professionisti sanitari che la forniscono e che secondo uno degli obiettivi del PNRR dovrà essere potenziata in tutte le Regioni.
- Il servizio di Guardia medica, o più precisamente di Continuità Assistenziale, cioè il servizio serale e notturno che si attiva negli orari e nei giorni in cui gli ambulatori dei medici di base e dei pediatri di libera scelta sono chiusi. Questo servizio non sarà presente in tutte le case della comunità, ma solo in quelle definite “hub” che saranno la maggioranza.
- Servizi ambulatoriali specialistici per malattie ad elevata diffusione (cardiache, respiratorie, diabete, ecc.) a cui si accederà sia dietro richiesta dei medici e pediatri curanti, sia in occasione di iniziative sanitarie organizzate dalle Asl. E lo stesso vale peri servizi diagnostici per i malati cronici, che saranno resi possibili dalla disponibilità di apparecchiature diagnostiche di base, come l’ecografo, l’elettrocardiografo, il retinografo, l’OCT, lo spirometro, ecc.
E ancora: un punto prelievi, per le analisi di laboratorio; un CUP, cioè uno sportello per le prenotazioni di visite, esami e trattamenti; e il PUA, cioè un punto unico di accesso, per l’accoglienza e l’orientamento ai servizi della struttura, dedicato soprattutto ai cittadini più fragili.
Nelle Case della Comunità saranno organizzati e forniti gli altri classici servizi già erogati dalle Asl: dai Centri Vaccinali ai Consultori Familiari; dai servizi per la salute mentale a quelli per le dipendenze patologiche; le Cure Palliative; la neuropsichiatria infantile e per l’adolescenza; la medicina dello sport; i Programmi di screening oncologico, ecc. Non saranno però presenti in tutte le Case, ma dipenderanno dall’organizzazione territoriale dei servizi sanitari. Sempre nella casa della comunità è prevista l’integrazione con i servizi sociali.
Torna all'inizioDifferenze tra Casa della Comunità e Ospedale di Comunità
Se la casa della Comunità è una struttura in cui si prevede un accesso “al bisogno”, paragonabile a quello di un visita presso il proprio medico di base o dallo specialista, oppure “programmata” dietro prescrizione dei medici o per iniziativa delle Case della Salute stesse , l’Ospedale di comunità è invece una struttura di ricovero di nuova tipologia.
Come per la Casa della Comunità, nella riforma dell’assistenza territoriale prevista dal PNRR l’Ospedale di Comunità (sì, la dicitura è diversa: nel caso dell’Ospedale, cambia la preposizione, che diventa semplice) è pensato come struttura intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero vero e proprio, rivolto a pazienti che non richiedono cure intensive, ma che non possono essere assistiti opportunamente al proprio domicilio. In sostanza, l’Ospedale di Comunità è parte di una strategia di deospedalizzazione delle cure, portandole più vicino al paziente e al suo domicilio, contribuendo così a una maggiore sostenibilità del sistema sanitario.
Entro la metà del 2026 è previsto che vengano creati almeno 307 ospedali di comunità (ma le regioni puntano a realizzarne 540 con fondi extra Pnrr). Avranno un limitatissimo numero di posti letto, tra i 15 e i 20, pensati per ricoveri brevi, non superiori ai 30 giorni, di pazienti che necessitano di assistenza prevalentemente infermieristica, con lo scopo di limitare i ricoveri inappropriati, oppure favorire dimissioni protette. Vi potranno quindi accedere pazienti fragili o cronici che hanno avuto una riacutizzazione di un problema preesistente o problemi imprevisti, ma che non necessitano di un ricovero ospedaliero tradizionale, oppure pazienti dimessi dall’ospedale, ma ancora richiedenti assistenza continuativa o supporto riabilitativo-rieducativo. Per fornire questi servizi, è previsto che ogni ospedale di comunità garantisca un’assistenza infermieristica 7 giorni su 7 per tutte le 24 ore, mentre l’assistenza medica è assicurata in orari diurni per almeno 4 ore e mezza al giorno, 6 giorni su 7; nelle ore serali e notturne e nei giorni festivi e prefestivi, l’assistenza medica sarà in forma di pronta disponibilità. L’assistenza medica notturna potrà essere garantita anche tramite la Guardia medica, secondo accordi locali.
L’accesso, secondo quanto previsto dalle attuali norme, avverrà su richiesta del medico o pediatra di famiglia, del medico di guardia medica, dello specialista ambulatoriale od ospedaliero, oppure del medico di pronto soccorso.
Torna all'inizioChi gestisce le Case della Comunità
Le Case della Comunità saranno gestite da équipe multidisciplinari di professionisti sanitari e socio-sanitari, per garantire una presa in carico completa e continuativa del paziente. Ci saranno quindi:
- Medici di medicina generale e pediatri per fornire l’assistenza primaria
- Medici specialisti ambulatoriali per consulenze specialistiche.
- Infermieri di Famiglia o Comunità per l'assistenza infermieristica ambulatoriale, la valutazione dei bisogni di salute dell’utenza e l’assistenza domiciliare.
A questi si aggiungono gli assistenti sociali e altri professionisti sanitari, presenti nelle Case della Comunità a seconda delle necessità: possono essere coinvolti anche psicologi, ostetriche, fisioterapisti e altri professionisti della prevenzione e della riabilitazione. È poi previsto del personale amministrativo per la relazione col pubblico e l’assistenza all'utenza
Ruolo delle Aziende Sanitarie Locali
Le aziende sanitarie sono fondamentalmente i gestori delle Case della Comunità, in quanto responsabili della programmazione delle attività delle Case della Comunità e del coordinamento con tutti gli altri servizi sanitari e socio-sanitari previsti per i cittadini che abitano nei distretti territoriali di competenza. Le Asl gestiscono le risorse umane, finanziarie e logistiche necessarie per il funzionamento delle case della comunità e ne monitorano l’attività.
Coinvolgimento delle Regioni e dello Stato
Lo Stato e le Regioni collaborano fin dalla partenza per l'attivazione delle Case della Comunità secondo quanto indicato nel PNRR e nelle norme o documenti di indirizzo elaborati a valle. Le Regioni restano responsabili della localizzazione e dell’attivazione delle nuove strutture sanitarie, dell'integrazione con i servizi esistenti, della formazione del personale e del monitoraggio dell'efficienza. Le decisioni sono prese congiuntamente tramite la Conferenza Stato-Regioni e i piani regionali si allineano alle indicazioni nazionali. Lo Stato promuove la digitalizzazione e sviluppa linee guida nazionali, mentre le Regioni sono responsabili della declinazione a livello locale.
Torna all'inizioCome si accederà ai servizi delle Case della Comunità
Le Casa della Comunità sono state pensate per essere luoghi di facile accesso e per rappresentare un punto unico di riferimento per l’assistenza sanitaria e socio-sanitaria soprattutto dei cittadini più bisogni di cure e assistenza. La creazione dei Punti Unici di Accesso, cioè sportelli in cui si daranno informazioni e orientamento, ha proprio la funzione di indirizzare i cittadini ai servizi. Il primo contatto prevede un momento informativo e di conoscenza, con particolare attenzione agli anziani, svolto dall'Infermiere di Famiglia e Comunità o da personale appositamente formato. La presa in carico sarà poi gestita dall’equipe medica e infermieristica della Casa della comunità e prevederà servizi basati su un piano di assistenza individuale. Per altri servizi “al bisogno” ci saranno probabilmente accessi indirizzati dai medici e pediatri di base o prescritti dai curanti, oppure ad accesso diretto/prenotato, come nel caso della continuità assistenziale.
Torna all'inizioIl Ruolo delle Case di Comunità nel PNRR
Le Case della Comunità hanno un ruolo centrale nella riforma delle cure primarie prevista dal Decreto 23 maggio 2022, n. 77 del Ministero della Salute, la quale verrà in gran parte finanziata con i fondi che sostengono il PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
In quanto presidio intermedio tra gli ambulatori di medici e pediatri di famiglia (che non scompaiono in questa riforma) e come punti unico di accesso a vari servizi sanitari e socio-sanitari, la Casa della Comunità diventa la struttura centrale in cui ruoterà la gran parte dell’offerta sanitaria delle regioni. Si tratta infatti di strutture pensate per rafforzare l’assistenza territoriale e ridurre gli accessi impropri ai pronto soccorso, con una particolare attenzione ai pazienti cronici e fragili e alla programmazione di interventi di prevenzione per la comunità.
Le Case della Comunità non rappresentano però un vera novità, in quanto prima delle riforme iniziate con il PNRR, strutture simili a queste erano già state pensate e previste da normative precedenti e che hanno portato alla sperimentazione delle Case della Salute e a cui le Case della Comunità si ispirano. Prima del PNRR, le Case della Salute erano già presenti in Emilia Romagna, che ne contava oltre centro strutture, ma anche in Veneto, Toscana, Piemonte, Marche, Lazio o Sicilia (solo per citare le regioni dove queste erano più diffuse).
Queste esperienze, tuttavia, non erano diffuse su tutto il territorio italiano in modo omogeneo (e molte Regioni molto popolose, come la Lombardia, la Campania o la Puglia non ne avevano affatto) e operavano in maniera non uniforme in termini di servizi offerti e di orario di apertura al pubblico. Lo stesso vale per gli Ospedali di comunità, sempre previsti dalla nuova riforma, ma che erano stati già attivati e sperimentati in vari regioni, seppur con denominazioni e modalità differenti.
La nuova riforma delle cure territoriali mira quindi ad uniformare l’offerta di servizi di base sul territorio. Rimangono però aperti molti capitoli, soprattutto il ruolo e il coinvolgimento di medici e pediatri di famiglia.
Ma a che punto siamo con la realizzazione delle Case della comunità?
Siamo piuttosto indietro. Gli obiettivi minimi del Pnrr prevedono la creazione di 1.038 case della comunità, ma le Regioni hanno promesso di andare oltre, attivandone 1.717. Stando ai più recenti dati dell’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, a 18 mesi dalla scadenza fissata dal Pnrr (giugno 2025), risulta pienamente funzionante meno del 3% delle Case della comunità previste, mentre meno del 30% di esse ha attivato almeno uno dei servizi obbligatori.
La maggioranza di esse non ha però ancora né i servizi medici (327 Case su 485), né quelli infermieristici (363 su 485) previsti dalle norme. Una cosa, questa, che non sorprende, in quanto a poco meno di un anno dalla scadenza, non si è ancora deciso come medici e pediatri di famiglia debbano collaborare all’interno delle Case della comunità e come la loro attività ambulatoriale si “incastrerà” con quella presso le Case.
Ultima nota dolente, delle 485 Case almeno parzialmente funzionanti, 406 si concentrano in cinque regioni: Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Toscana, Veneto. E, a parte poche altre (come Marche, Molise e Liguria, a buon punto), le restanti regioni sono molto lontane dagli obiettivi prefissati, se non addirittura alla partenza. Gli ultimi dati diffusi della cabina di regia del Pnrr affermano, però, che il 90% dei cantieri necessari risulta attivo o già in chiusura lavori.
Case di Comunità in Lombardia
La Lombardia è una regione che, a differenza della altre, non ha esperienze simili a quelle delle Case della Salute dell’Emilia Romagna e nelle prime ricognizioni risultava non avere nessuna struttura simile attiva. Si tratta quindi per la Lombardia di creare un ampio numero di strutture, riconvertendo le attuali e fornendole del personale necessario per attivare i servizi richiesti.
Quante Case di Comunità Sono Presenti (e attive) in Lombardia
Stando agli ultimi dati diffusi dalla Regione Lombardia, il percorso di attivazione delle Case “di” Comunità (curiosamente la regione Lombardia ha optato per l’uso di una preposizione differente da quella usata nelle normative) sembrerebbe a buon punto: dal settembre scorso risulterebbero già attive 136 Case di comunità delle 192 previste entro la metà del 2026.
La Corte dei Conti ha però espresso una certa preoccupazione rispetto al conseguimento dell’obiettivo. Sebbene infatti risultino attive molte case di comunità, secondo il monitoraggio della Corte molte presentano una ridotta operatività per effetto della carenza di personale medico e di forti limitazioni sull’orario di apertura e sulla gamma dei servizi previsti, oltre che per la contestuale presenza di cantieri di lavoro. Molte risulterebbero sprovviste di medici di medicina generale e la grande maggioranza non ha pediatri di base. Infine, gli orari di servizio previsti dagli standard ministeriali non sono ovunque rispettati.
Torna all'inizioAltroconsumo ti aiuta con le liste d'attesa
Se le Case della Comunità aprono scenari nuovi in termini di fruizione dell'assistenza sanitaria sul territorio da parte dei cittadini, restano però aperte tutte le questioni che rendono il nostro servizio sanitario un punto critico per gli italiani. Secondo una nostra recente inchiesta, il 48% dei cittadini giudica negativamente i servizi dell’Asl e il 39% quelli dei Pronto Soccorso: su entrambi i fronti pesano soprattutto le lunghe attese per esami e visite, comprese quelle dal proprio medico di base (di cui alcuni cittadini sono addirittura sprovvisti, per via dei mancati turnover di medici che vanno in pensione).
Il problema ormai atavico delle liste d'attesa per prenotare visite ed esami è il tasto più dolente per i cittadini. Per questo Altroconsumo ha deciso di offrire alle persone gli strumenti per ottenere ciò che spetta loro per legge, ovvero prime visite, controlli e ricoveri nei tempi previsti dalle prescrizioni dei medici e l'accesso trasparente alle agende di prenotazione, che non devono mai essere chiuse, come vuole la legge; se anche tu vuoi ottenere il rispetto dei tempi, iscriviti al nostro servizio e ricevi il modello di lettera adatto al tuo caso, con i riferimenti normativi e gli indirizzi email a cui spedirlo.
Stop alle liste d'attesa: fai valere i tuoi diritti
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